Un team di ricercatori cinesi che attualmente studiano e lavorano al Department of materials science and engineering della Stanford University ha sviluppato una batteria a base d’acqua che potrebbe fornire un modo economico per immagazzinare l’energia eolica e solare prodotta quando il sole splende e soffia il vento, in modo da poterla re immettere nella rete elettrica e ridistribuito quando la domanda è alta.
Il prototipo di batteria al manganese-idrogeno è stato presentato nello lo studio “A manganese–hydrogen battery with potential for grid-scale energy storage” pubblicato su Nature Energy, è alto solo 7,6 centimetri e genera solo 20 milliwattora di elettricità, che è alla pari con i livelli di energia delle torce a LED appese a un portachiavi., ma, nonostante la ridotta produzione del prototipo, i ricercatori cinesi sono fiduciosi di poter portare questa tecnologia a un livello industriale, realizzando una batteria che potrebbe scaricarsi e ricaricarsi fino a 10.000 volte per immettere energia in rete, con una durata utile ben superiore a decennio.
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L’ autore senior dello studio, Yi Cui, che insegna scienze dei materiali alla Stanford e al Photon Science Directorate dello SLAC National Accelerator Laboratory, senior fellow del Precourt Institute for Energy e membro della Stanford Bio-X e dello Stanford Neurosciences Institute, ha detto che «La tecnologia delle batterie a idrogeno- manganese potrebbe essere uno dei pezzi mancanti nel puzzle energetico nazionale: un modo per stoccare l’imprevedibile eolico o l’energia solare in modo da ridurre la necessità di bruciare combustibili fossili affidabili ma che emettono carbonio quando le fonti rinnovabili non sono disponibili. Quello che abbiamo fatto è buttare un sale speciale in acqua, lasciarci cadere in un elettrodo e creare una reazione chimica reversibile che immagazzina elettroni sotto forma di gas idrogeno».
Il team che ha ideato il progetto e costruito il prototipo è stato guidato da Wei Chen, uno studente postdottorato nel laboratorio di Cui e comprende anche Guodong Li, un visiting scholar in scienze dei materiali e ingegneria alla Atanford che ora lavora all’Accademia cinese delle scienze, gli studenti posdottorato Hongxia Wang, Jiayu Wan, Lei Liao, Guangxu Chen e Jiangyan Wang; il visiting scholar Hao Zhang e gli studenti laureati Zheng Liang, Yuzhang Li e Allen Pei.
Grazie a un finanziamento del Dipartimento dell’energia Usa (Doe), i ricercatori sono riusciti a innescare uno scambio di elettroni reversibile tra acqua e solfato di manganese, un sale industriale economico e abbondante usato per fabbricare batterie a secco, fertilizzanti, carta e altri prodotti. Poi, per simulare il modo in cui una fonte eolica o solare potrebbero alimentare la batteria, hanno collegato una fonte di energia al prototipo. Gli elettroni hanno reagito con il solfato di manganese disciolto nell’acqua rilasciando particelle di diossido di manganese attaccate agli elettrodi. Gli elettroni in eccesso sono esplosi sotto forma di gas idrogeno, stoccando così quell’energia per un utilizzo futuro. Alla Stanford aggiungono: «Gli ingegneri sanno come ricreare l’elettricità dall’energia immagazzinata nell’idrogeno, quindi l’importante passo successivo è dimostrare che la batteria a base d’acqua può essere ricaricata». I ricercatori ci sono riusciti ricollegando la loro fonte di energia al prototipo esaurito, questa volta con l’obiettivo di indurre le particelle di biossido di manganese legate all’elettrodo a combinarsi con l’acqua, ricostituendo il sale di solfato di manganese. Una volta ripristinato questo sale, gli elettroni in entrata sono diventati in eccesso e l’eccesso di energia ha potuto esplodere come gas idrogeno, in un processo che può essere ripetuto per migliaia di volte.
Secondo Cui, data la durata prevista della batteria a base d’acqua, stoccare abbastanza elettricità per alimentare una lampadina da 100 watt per 12 ore costerebbe un centesimo di dollaro: «Riteniamo che questa tecnologia prototipo sarà in grado di soddisfare gli obiettivi del Dipartimento dell’energia per la praticità di immagazzinamento elettrico su larga scala».
Il Doe ha raccomandato che le batterie per lo stoccaggio da utilizzare nella rete debbano stoccare e scaricare almeno 20 kilowatt per almeno un’ora, sostenere almeno 5.000 ricariche e avere una durata utile di 10 anni o più. Per renderlo economicamente praticabile un sistema di batterie simile dovrebbe costare al massimo 2.000 dollari o 100 dollari per kilowattora.
L’ex segretario del Doe dell’Amministrazione Obama e premio Nobel Steven Chu, ora professore alla Stanford, incoraggia da tempo le tecnologie per aiutare la transizione degli Usa verso le energie rinnovabili e sottolinea che «Mentre i materiali precisi e il design necessitano ancora di sviluppo, questo prototipo dimostra il tipo di scienza e ingegneria che suggerisce nuovi modi per ottenere batterie a basso costo, di lunga durata, e a scala di utility».
Secondo il Doe, circa il 70% dell’elettricità Usa è prodotta da centrali a carbone o a gas che emettono il 40% delle emissioni di biossido di carbonio. Il passaggio all’eolico e alla produzione di energia solare è un modo per ridurre queste emissioni. Ma questo crea nuovi problemi che riguardano l’intermittenza del rifornimento di energia. Ovviamente, il sole splende solo di giorno e, a volte, il vento non soffia. Ma un’altra forma meno conosciuta ma importante della variabilità di eolico e solare deriva dagli sbalzi della domanda in rete, nei cavi dell’alta tensione che distribuiscono elettricità nelle diverse aree e, infine, nelle case. Alla Stanford fanno l’esempio di una giornata calda: «Quando le persone tornano a casa dal lavoro e alzano l’aria condizionata, le utility devono disporre di strategie di bilanciamento del carico per soddisfare la domanda di punta: un modo per aumentare la produzione di energia in pochi minuti per evitare cali di tensione o blackout sulla rete. Attualmente le utility spesso ottengono questo risultato attivando centrali elettriche on-demand o “dispacciabili” che possono rimanere inutilizzate per gran parte della giornata, ma possono entrare online in pochi minuti, producendo rapidamente energia ma aumentando le emissioni di carbonio. Alcune utility hanno sviluppato un bilanciamento del carico a breve termine che non si basa sugli impianti a combustibili fossili. La strategia più comune ed economica è lo stoccaggio idroelettrico pompato: utilizzando l’energia in eccesso per inviare l’acqua in salita, quindi lasciarla ricadere per produrre energia durante il picco della domanda. Tuttavia, lo stoccaggio idroelettrico funziona solo in aree con acqua e spazi adeguati. Per rendere più utilizzabile l’energia eolica e solare, il Doe ha incentivato come alternativa le batterie ad elevata capacità.
Cui ha spiegato che «Sul mercato esistono diversi tipi di tecnologie per batterie ricaricabili, ma non è chiaro quali approcci soddisfino i requisiti Doe e dimostrino la loro praticità per le utility, i regolatori e gli altri stakeholder che gestiscono la rete elettrica nazionale. Per esempio, le batterie ricaricabili agli ioni di litio, che immagazzinano le piccole quantità di energia necessarie per far funzionare telefoni e computer portatili, sono basate su materiali rari e sono quindi troppo costose per immagazzinare energia per un quartiere o una città. Lo stoccaggio su scala di rete richiede una batteria ricaricabile a basso costo e ad alta capacità. Il processo manganese-idrogeno sembra promettente. Altre tecnologie di batterie ricaricabili superano facilmente di oltre 5 volte di quel costo nel corso della loro durata di vita». Cui sta brevettando il processo attraverso la Stanford Office of Technology Licensing e ha in programma di formare una società per commercializzare il sistema.
Chen aggiunge che «La nuova chimica, i materiali a basso costo e la relativa semplicità hanno reso la batteria al manganese-idrogeno ideali per un dispiegamento su scala di rete a basso costo. la svolta che evidenziamo su Nature Energy ha il potenziale per soddisfare i criteri di scala del Doe».
Il prototipo di batteria ha ancora di un lungo lavoro di sviluppo per dimostrarsi. i ricercatori ammettono che «Prima di tutto, utilizza il platino come catalizzatore per stimolare le reazioni chimiche essenziali per l’elettrodo che rendono efficiente il processo di ricarica, e il costo di tale componente sarebbe proibitivo per la distribuzione su larga scala». Ma Chen ha detto che «Il team sta già lavorando su modi più economici per stimolare il solfato di manganese e l’acqua a eseguire lo scambio di elettroni reversibili. Abbiamo identificato catalizzatori che potrebbero portarci al di sotto del target Doe di 100 dollari per chilowattora»-
I ricercatori cinesi della Stanford dicono di aver fatto 10.000 ricariche dei prototipi, che è il doppio dei requisiti Doe, ma aggiungono che «Sarà necessario testare la batteria di manganese-idrogeno in condizioni reali di stoccaggio della rete elettrica al fine di valutarne veramente le prestazioni e i costi della sua durata di vita».
Fonte: Greenreport.it
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Naturalmente questo sistema è completamente diverso dalle collaudate batterie per fotovoltaico Sony, ma la ricerca si sviluppa in ogni direzione per capire poi se si trova una combinazione migliore di tecnologie.